NOTE
di Federico Capitoni

“In principio era il ritmo”. È una parafrasi biblica condivisa da tanti musicisti e certamente sostenuta da Stravinskij che fece del ritmo – forse più che dell’armonia – il parametro fondativo della sua musica. Balletti a parte, tutte le composizioni di Stravinskij hanno una componente ritmica particolarmente accentuata come se il ritmo fosse appunto allo stesso tempo origine e fine della musica. È proprio così, e al di là delle speculazioni filosofiche che si possono fare sul ritmo come essenza della musica, si vede in questo album come la pulsazione esacerbata e la variazione ritmica inventiva si sposino egregiamente con la tradizione dell’orchestra di Gamelan che parrebbe poggiare molto più debolmente sui parametri melodici e armonici ma in maniera ineluttabile su quelli di ritmo e timbro. E infatti i sei pezzi stravinskiani qui suonati dall’ensemble balinese di I Made Arnawa sono stati studiati dai musicisti sulle registrazioni delle versioni per pianoforte (ove esistessero tali trascrizioni, ovviamente). Questo per due motivi: il primo è perché il pianoforte, rispetto all’orchestra, offriva meno connotazioni timbriche, il che ha reso possibile ad Arnawa di concertare il tutto più liberamente; il secondo motivo è che il pianoforte è uno strumento a percussione, quindi già artefice di una prima traduzione, dagli strumenti ad arco o a fiato, in un linguaggio più strettamente percussivo che verrà “finalizzato” attraverso la strumentazione di campane, tamburi e metallofoni in genere tipici del Gamelan. Il resto lo fa la fantasia di Arnawa, che deve fare i conti con un sistema di intonazione lontano da quello temperato dei dodici suoni utilizzato da Stravinskij. Il risultato è dunque una differenza non soltanto timbrica, ma di carattere.